Alessandro Bini
biografia
Sono nato, ho sempre vissuto, lavorato, amato, mangiato, gioito e sofferto a Firenze. Mi ci sono pure laureato, in Filosofia. Per cui la amo per forza. Ammesso che un vecchio stemma di famiglia che stava già nella casa dei miei nonni dica il vero, se fossi un cane e il Fiorentino fosse una razza di cane i miei cuccioli varrebbero una fortuna. In altre parole, sono un comune plebeo ma un fiorentino d.o.c.g.. E continuo ad amare questa città nonostante il centro sia diventato una specie di caotico luna-park dell’Arte per torme di turisti invadenti e nelle strade, un po’ ovunque, si respiri un’atmosfera sempre più violenta, nevrotica e depressa. Chi la scopre adesso non sa che luogo unico sia stata.
Ho iniziato come autore teatrale nel Laboratorio Nove di Barbara Nativi alla Limonaia di Sesto Fiorentino. Ci tengo a dirlo perché di lei conservo davvero un buon ricordo. Ho prodotto vari testi teatrali, portato in scena tra le mille consuete difficoltà vari spettacoli e pubblicato alcuni libri con testi teatrali sia brevi che meno brevi. Sul genere dei quali si potrebbe discutere. Nel senso che sono perlopiù leggeri, ma affrontano temi anche molto seri. I testi più dichiaratamente brillanti sono quelli che, una volta trasposti in un libro, hanno dato i risultati commercialmente migliori.
Gradualmente il mio interesse si è spostato sulla narrativa. Ed è ormai questa ad interessarmi di più. Per scelta, non tento nemmeno di scrivere intorno a qualcosa che non conosco. Posso inventare, certo, descrivere esperienze che non sono mie, ma devono comunque appartenere a qualcosa che ho visto, vissuto, o posso figurarmi con ragionevole sicurezza. Non credo che proverò mai a scrivere in prima persona fingendomi una donna, o un bambino. Il rischio di essere poco autentico mi sembrerebbe troppo alto. Molti scrittori vi incorrono, a mio parere – ma se i lettori non ci fanno caso e accordano loro il successo la cosa non ha importanza. Non fa per me parlare di altre epoche o di altri pianeti. La società umana è infinitamente complicata, variegata e contraddittoria, lo sperimentiamo ogni giorno, perciò provare a immaginare la vita, la struttura del pensiero, la costruzione emotiva di qualcuno vissuto in un’epoca diversa o addirittura in un altro mondo, mi sembra piuttosto velleitario. Anche se sono stato un buon lettore di fantascienza, non sono attratto dal fantasy e dai generi affini. L’epoca nella quale stiamo vivendo mi pare già fin troppo fantasy di suo, non c’è proprio bisogno di inventare nulla. Mentre magari serve, anche solo per amore di indagine, cercare di osservarla un po’.